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ALL'INSEGNA
DEL PESCE D'ORO di Vanni Scheiwiller
- Milano 1999 |
Stampato
il 30 Aprile 1999 per ricordare il trentesimo
anniversario |
della
morte di Lucio Piccolo il 26 Maggio
1969 |
©1999
Giuseppe Piccolo, Ficarra (ME) - ©1999
Vanni Scheiwiller, Milano |
ISBN
88-444-1420-1 |
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Pubblicare
poesia oggi è indubbiamente un atto
di coraggio; farlo nei termini di una antologia
poetica per le scuole, dedicata all'opera
di un solo poeta e in più, come nel
caso di Lucio Piccolo, di non facile approccio,
è insieme un atto di coraggio e di
fede nella poesia e nei suoi destini futuri,
che non possono che essere affidati ai giovani.
A compilare l'antologia è stato non
a caso un uomo di scuola, il professore
Giuseppe Celona, appassionato e «intelligente»
cultore dell'opera del grande poeta siciliano.
Egli vive a Ficarra ed è preside
della Scuola Media di S. Angelo di Brolo;
paesi entrambi che si collocano in quella
«geografia piccoliana» tra
Palermo e Capo d'Orlando, dove, come scrisse
Leonardo Sciascia, sono le radici di Piccolo
«dell'uomo che è, della sua
poesia». L'antologia,
che presenta una ricca e significativa scelta
di liriche da tutte (ivi comprese le postume),
si avvale di un saggio introduttivo sulla
poesia di Piccolo ed è corredata
di puntuali presentazioni relative a ciascun
libro e di una aggiornata bibliografia.
Ogni lirica inoltre è affiancata
da una introduzione e da un ampio apparato
di note. In esse il curatore con linguaggio
chiaro, ma a un tempo elegante e rigoroso,
oltre ad appianare qualche difficoltà
interpretativa, dovuta alla complessità
dei riferimenti culturali, mette in luce
i temi fondamentali della poesia di Piccolo
- da quello della natura a quello della
memoria e dell'infanzia, da quello esoterico
a quello esistenziale - e commenta con rara
sensibilità le sfumature e le raffinatezze
stilistiche, che rendono così preziosa
una delle più affascinanti esperienze
poetiche del nostro secolo.
Giovanna
Musolino |
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L'interesse che suscitò, al
suo apparire, la poesia di Lucio Piccolo
- presentata nel '54 al Convegno letterario
di S. Pellegrino Terme da un "padrino"
d'eccezione, Eugenio Montale, che ne fu
pure il primo critico e il prefatore della
prima opera1
pubblicata da Mondadori nel 1956 -
contribuì, certo, a far conoscere
il suo autore e a porlo con forza e immediatezza
inconsuete all'attenzione della cultura
e della critica italiana, ma non giovò,
in ogni caso, a porre le giuste premesse
per una indagine pacata e approfondita della
specificità, originalità e sicuro valore
dei suoi versi. A ciò si aggiunga che la
produzione poetica del barone-poeta di Capo
d'Orlando, pervenuto alla notorietà ormai
ultracinquantenne, giungeva in un momento
storico e in un clima letterario che era
il meno propizio ad accogliere con favore
una poesia che rompeva con gli schemi del
neorealismo e che nulla aveva da spartire
con le prime prove della neoavanguardia.
Si trattava, inoltre, di una
poesia difficile e oscura. «La difficoltà
dei versi di Piccolo, - scrive Natale Tedesco
- a differenza di quanto qualcuno crede,
non consiste nel linguaggio ostico, nel
lessico raro, arcaico, prezioso. La complessità
deriva piuttosto dai suoi riferimenti culturali,
moltissimi e diversi tra loro».2 Anche Piccolo
era preoccupato per l'oscurità dei suoi
versi: «Io la mia poesia la ritengo
difficile perché... Lo stesso Montale dice
non immediata, non facile, e se non è facile...»,3
ma era altresì «convinto che ogni simbolo dovesse rimanere
"vivente" - incompiuto, indistinto
- e mai raggelarsi in uno o più significati
precisi».4. Era pure cosciente
che la sua era una poesia concreta, oggettiva,
ma di «un'oggettività che può trarre
in inganno, perché è una oggettività dell'oggetto
il quale è lungamente maturato nell'interiorità
e quindi è caricata... ha una carica - la
parola precisa
è questa - ha una carica di sensi, l'oggetto
rimane la sua realtà concreta; ma l'oggetto
per forza d'intensità - si può dire anche
per forza ritmica - è elevato a simbolo...».5
Tutto è sempre concreto nei
versi di Piccolo: «la cotogna/che
nel frutteto pencola», «il
fieno che respira denso», «le
tegole vive», «l'arco della
porta bassa e il gradino liso», «un
bastimento che prende il largo»,
«la plumelia bianca/e avorio»,
«la rosa/bianca che poggia su la
ringhiera», «l'ultimo sguardo
del sole»; ma gli oggetti (fiumare,
rocche, poggi, marine, venti, casolari,
frutti, fiori...), i colori (il nero, il
rosso, il verde, il bianco...), i suoni
(«un crepitio», «rombi
di mondo», «trillo d'iride»,
«gorgoglio», «brusio»,
«sonaglio di stille», «stridio»,
«parlottare», «una
porta che batte», «stuolo
afono d'echi», «tocco esangue/d'armonica»,
«risonanza/marina d'onde o trillo
di fontana», «canto d'alga»,
«riverbero d'una voce», «cigolio
[...] d'un carro»), le figure («l'aratore
gibbuto», «l'eremita»,
«la figura annosa»), si caricano
di "sensi", di sentimenti, di
"corrispondenze" (per dirla con
Baudelaire), di allusioni, e, attraverso
la vista del poeta che li guarda con profonda
pietà per la violenza che subiscono, immersi
come sono nell'assurda e incomprensibile
spirale del divenire, diventano simboli,
espressione del mistero, segni concreti
dell'anima maturati nell'interiorità. E
non solo gli oggetti, ma anche l'ambiente
in cui essi vivono diventa simbolo: «certe
volte è un ambiente differente ma che attraverso
qualche oggetto speciale richiama un altro
ambiente, al solito un simbolo, una realtà
che diventa simbolo».6
Se è vero che tutta la poesia
di Piccolo è immersa in una fitta rete di
simboli (la «forêt de symboles»
di Baudelaire), è pur vero, però, che mai
il simbolismo piccoliano diventa di maniera
o perde di spessore e di significatività:
è sempre ben ancorato al reale, è sempre
strettamente collegato al suo mondo poetico
e alla sua concezione della vita. Anche
perché esso non affonda le radici esclusivamente
nel simbolismo francese,7 ma
è di matrice più largamente europea.8
In tale contesto, efficace
e decisiva fu la lezione della poesia pura
e dei poeti nuovi italiani, da Gozzano a
Rebora, da Campana a Govoni, da Bertacchi
a Ungaretti, da Montale a Quasimodo. Piccolo
ne assorbì ed elaborò i fermenti, le aspirazioni,
il linguaggio, vivendo intensamente e interamente
nella "poetica del Novecento",
che è «la poetica di un'autentica
disperazione esistenziale tra tentazioni
d'intensità nuovamente classicistica o nuovamente barocca.
E' la poetica di un tempo percosso e perplesso,
di un tempo in cui l'uomo si riconobbe nella
propria miseria, e non trovò il significato
del suo esserci».9
Il simbolismo di Piccolo è,
poi, strettamente collegato alle scienze
esoteriche e alle religioni orientali (specie
tibetane) delle quali era appassionato cultore
e conoscitore.10 Diversi e frequenti
sono i simboli esoterici che si incontrano
nei suoi versi - da quello della rosa, del
garofano, del tulipano, della plumelia,
della scala, del monte, del vespero, dei
numeri, dei colori, del fuoco, dell'acqua,
dell'aria, dello specchio, ecc., al mandala
del cerchio, della ruota, del centro, -
come profondi e intensi furono i legami
del Nostro con la psicologia di Carl Gustav
Jung.11
Ma la complessità e l'oscurità
della poesia di Piccolo deriva, principalmente,
dai suoi vastissimi
interessi culturali e dalle sue sterminate
conoscenze, che andavano dalla musica alla
scienza, dall'arte all'astronomia, dalla
matematica alle letterature di tutti i tempi
(e, in particolare, alla letteratura spagnola, francese,
inglese e tedesca) e di ogni lingua (compresa
l'araba), alla filosofia. Lo stesso Montale
ne rimase sorpreso: «Mi trovavo dinanzi
al barone Lucio Piccolo di Calanovella,
scrittore finora inedito, sì, ma anche musicista
completo, studioso di filosofia che può
leggere Husserl e Wittgenstein nei testi
originali, grecista agguerrito, conoscitore
di tutta la poesia europea vecchia e nuova,
lettore, per esempio, di Gerard Manley Hopkins12
e di Yeats13, di cui condivide
le inclinazioni esoteriche. Mi trovavo,
insomma, di fronte a un clerc
così dotto e consapevole che veramente l'idea
di dovergli essere padrino mi metteva in
un insormontabile imbarazzo. Lucio Piccolo
ha letto tous les livres nella solitudine delle
sue terre di Capo d'Orlando; ma non segue
nessuna scuola. Il poeta straniero a cui
avevo incidentalmente pensato, Dylan Thomas,
era proprio il solo ch'egli non conoscesse
ancora. Ora so che Piccolo ha colmato anche
questa lacuna».14
Notevole rilevanza ebbe nella
formazione di Piccolo la cultura filosofica
dei primi decenni del Novecento e, in modo
particolare, la lettura di quattro pensatori
di grande spessore culturale: Husser (fenomenologismo),15
Heidegger e Jaspers (esistenzialismo),16
e Wittgenstein.17
Da lì deriva, fondamentalmente,
la sua visione tragica e disperata del mondo
e della vita, del tempo e dello spazio.
Anche per Piccolo,18 come per
Husserl, esiste un lacerante conflitto fra
la realtà, l'oggetto, e l'io, il soggetto.
Ma, per
entrambi, la realtà è concreta, "esistente":
«Io trovo la realtà, e la parola
stessa lo dice, come esistente e la assumo
esistente, così come essa mi si offre...
».19 Il problema, però,
consiste, per entrambi, nella impossibilità
di conoscere la realtà: «[...] la
validità obbiettiva della conoscenza in
generale è diventata, quanto al suo senso
ed alla sua possibilità, enigmatica e perfino
discutibile: la conoscenza
esatta è diventata così enigmatica
né più né meno che la conoscenza non esatta,
la conoscenza scientifica né più né meno
della conoscenza prescientifica».20
Così, di fronte al continuo mutarsi delle
forme e alla fuga vertiginosa del reale,
vani risultano tutti i tentativi di Piccolo
di fermare, e quindi di conoscere, il reale,
che appare frammentato e vortica
in schegge impazzite e in figure enigmatiche.
Eppure, grazie alla coscienza pura, all'io
trascendente, è consentito di pervenire
alla conoscenza assoluta: «L'epoché
[...] è il metodo radicale e universale
per il quale io colgo me stesso come io
puro assieme alla mia propria vita di coscienza
pura, nella quale e per la quale è per me
l'intero mondo oggettivo, nel modo in cui
appunto esso è per me».21
In tal modo, il mondo oggettivo
di Piccolo, i frammenti, gli spezzoni, le
forme mutevoli tra le quali si sperde l'io,
si ricompongono, talvolta, e si acquietano
nell'Io assoluto. Allora,
finalmente, compiutosi il viaggi
della purificazione, possono sprizzare dalla
roccia e trovare un varco nella "coscieonza
pura" le scintille della conoscenza:
«da un'intacca della rupe sprizzò
la scintilla:/saio barba cappuccio, il fagotto
d'orbace e stoppa/fu tutto ruote di fuoco
sbocchi di fumo...».22
Giuseppe
Celona
NOTE
1
Precedentemente aveva dato alle stampe, in
sessanta esemplari, un «libriccino,
intitolato: 9 liriche, stampato da una sola
parte del foglio e impresso in caratteri frusti
e poco leggibili... i tipi erano quelli dello
Stabilimento Progresso - Santa Agata»
(dalla Prefazione di Eugenio Montale per Canti
barocchi e altre liriche, in Lucio Piccolo,
Gioco a nascondere, Canti barocchi e altre
liriche, Mondadori, Milano 1960, pp. 105-106).
2 N. Tedesco, Quel Piccolo
grande poeta, «Giornale di Sicilia»,
8 ottobre 1987.
3 Vanni Ronsisvalle, Il favoloso
quotidiano, sceneggiatura e script del film
tv su Lucio Piccolo, in «Galleria»
n. 3/4 , p. 72.
4 B. Reale, Ricordo del poeta,
in «Atti del Convegno nazionale su
Lucio Piccolo: la figura e l'opera»,
a cura di N. Tedesco, Pungitopo, Marina di
Patti 1990, p. 19.
5 V. Ronsisvalle, Il favoloso
quotidiano, cit. p. 72.
6 Ivi, p. 81.
7 A dimostrazione di quanto
siano stati precoci e vasti gli interessi
culturali del giovane Piccolo, si è,
a ragione, indicato nella Palermo degli anni
venti un ambiente fervido di «ottimi
studi di francesistica» e di «interessi
per il mondo letterario francese» e
per la poesia simbolista di quel paese (N
Tedesco, Introduzione alla figura e all'opera
di Lucio Piccolo, «Atti del Convegno...»,
cit. p. 11). Ciò è provato,
tra l'altro, anche dalla presenza, nella biblioteca
del figlio di Lucio a Ficarra, di numerosi
testi di autori simbolisti francesi. Ne citiamo
alcuni: S. Mallarmé, Les dieux antiques,
Rothschild, Parigi 1880; G. Kahn, Premiers
poËmes,Société du Mercure
de France, Parigi 1897; C. Baudelaire Les
fleurs du mal, Calmann - Levy, Parigi s.d.;
S. Mallarmé PoÈsies, Nouvelle
Revue Française, Parigi 1917; C. Baudelaire
Le Spleen de Paris, Crès, Parigi 1917;
P. Valéry, Almanach Hachette, in tre
volumi, Hachette, Parigi 1899 - 1915 - 1918;
S. Mallarmé, Vers de circostance Nouvelle
Revue Française, Parigi 1920; P. Valéry,
Charmes, N.R.F., Parigi 1922; Eupalinos, N.R.F.,
Parigi 1924; Reconnaissance a Rilke, Frères,
Parigi 1926; La Jeune Parque, N.R.F., Parigi
1927; Album de vers anciens, N.R.F., Parigi
1927; Monsieur Teste, N.R.F., Parigi 1929;
PoÈsies, N.R.F., Parigi 1930; S. Mallarmé,
Un coup de dés, Aux Ides et Calendes,
Ginevra 1943; Oeuvres complètes, De
la Pleiade, Parigi 1945; C. Baudelaire, Mon
coeur mis à nu, David, Parigi s.d.;
Il filone simbolista continuò ad alimentare
la formazione culturale di Piccolo anche negli
anni trenta quando Lucio, insieme alla famiglia,
si trasferì da Palermo nella villa
di campagna di Capo d'Orlando. Qui venne a
contatto con la poesia simbolista e liberty
della provincia messinese (Cardile, Vasari,
Jannelli): «[...] un filo, sottile
quanto si voglia ma chiaro, lega i nostri
simbolisti alla generazione dei Vann'Antò
(nella sua tesi di laurea sul verso libero
cita Cardile e Saffioti), dei Calabrò,
e dei Mancuso e poi a Quasimodo, per toccare
infine - è un'ipotesi che può
sembrare azzardata ma non è immotivata
- Lucio Piccolo. La sola componente orfica,
così evidente nella poesia dell'autore
dei Canti barocchi (del quale è noto
il vivo interesse per le scienze occulte e
la parapsicologia), non sarebbe sufficiente
a suffragare l'ipotesi se non fosse certo
che egli conosceva ed apprezzava l'opera di
Toscano» (G. Miligi, Cultura e letteratura
del Liberty a Messina, in «Il Liberty
a Messina», Assessorato regionale ai
beni culturali e ambientali e alla P.I., Messina
1985, p. 27).
8 La produzione poetica compresa
tra il 1915 e il 1945, che in Italia venne
etichettata, di volta in volta, sotto il nome
di poesia decadente, pura, nuova, simbolista,
ermetica, ebbe nelle letterature occidentali,
caratteri comuni, risalenti generalmente alla
comune radice simbolista. A tali fonti letterarie
europee attinse, a piene mani, Lucio Piccolo,
come dimostrano sia i suoi versi che le opere
presenti nella biblioteca di Ficarra. Ne citiamo
solo alcune: G. Bertacchi, Poesie predantesche,
Sonzogno, Milano 1906; Alle sorgenti, Baldini,
Milano 1912; M. Rilke, Das Marien Leben, Im
Infel Berlag, Leipzig, 1912; G. Ungaretti,
Allegria di naufragi, 1914-1919 Vallecchi,
Firenze; E. Pound, "Noh" or accomplishment,
Knopf, New York 1917; G. P. Lucini, Scritti
scelti, Carabba, Lanciano 1917; M. Rilke,
Neue Gedichte, Im Insel Verlag, Leipzig, 1919;
Erste Gedichte, Im insel Verlag, Leipzig,
1920; Das Grunden Bud, Im Insel Verlag, Leipzig
1922; Sonette an Orpheus, Im Insel Verlag,
Leipzig, 1923; Duineser elegien, Im Insel
Verlag, Leipzig, 1923; E. Pound, Personae,
Boni, New York 1926; G. Ungaretti, Sentimento
del tempo, Vallecchi, Firenze 1933; T. S.
Eliot, Selected essays, Faber § Faber,
Londra 1935; J. Joyce, Ulysses, Bodley Head,
Londra.1937; T. S. Eliot, Old possum's book
of practical cats, Faber § Faber, Londra
1939; R. Alberti, Poesìa, Losada, Buenos
Aires 1946; T. S. Eliot, The family reunion,
Faber § Faber, Londra 1939; The achievement
of T.S.Eliot, Oxford University New York1947;
S. Quasimodo, Giorno dopo giorno, A. Mondadori,
Milano 1949; T. S. Eliot, Murder in the Cathedral,
Books, Stoccolma 1948; R. Alberti, A la pintura,
Losada, Buenos Aires 1948; R. JimËnez
Animale di fondo, Sansoni, Firenze 1954; M.
Rilke, I sonetti a Orfeo, Cederna, Milano
1948; Poesie francesi, Cederna, Milano 1948;
S. Quasimodo, La vita non è sogno,
A. Mondadori, Milano 1949; F. G. Lorca, Poesie,
Guanda, Parma 1949; Canti gitani e andalusi,
Guanda, Parma 1951; D. Campana, Canti Orfici,
Vallecchi, Firenze 1952; T. S. Eliot, Poesie,
Guanda, Parma s.d.; R. Alberti, Retornos de
lo vivo lejano, Losada, Buenos Aires 1952;
Ora maritima, Losada, Buenos Aires 1953; E.
Pound, Canti Pisani, Guanda, Parma 1953; The
cantos, Faber § Faber, Londra 1954; T.
S. Eliot, Collected poems 1909 - 1935, Faber
§ Faber, Londra 1954; G.Lorca, Obras
completas, Aguilar, Madrid 1955; S. Quasimodo,
Il falso e vero verde, A. Mondadori, Milano
1956; E. Montale, La bufera, Neri Pozza, Venezia
1956; M. Rilke, Poesie, Einaudi, Torino 1955;
E. Pound, The poetry, Faber § Faber,
Londra s.d.; T. S. Eliot, Four Quartets, Faber
§ Faber, Londra 1944; J. Guillén,
La fuente versione di Mario Luzi, Pesce d'oro,
Milano 1961; E. Montale, T. S. Eliot, Pesce
d'oro, Milano 1963; J Guillén, Suite
italienne, Pesce d'Oro, 1964; T. S. Eliot,
Ezra Pound, metrica e poesia, Pesce d'oro,
Milano 1967; Poesie giovanili, Pesce d'oro,
Milano 1967; P. Lucini, Parade, Pesce d'oro,
Milano 1967; V. Scheiwiller, Poeti simbolisti
in Italia, Pesce d'oro, Milano 1967.
9 L. Anceschi, «Cultura
poetica novecentesca», in Novecento,
I contemporanei, Marzorati, Milano 1979, p.
3083.
10 Numerosi sono i testi
di esoterismo e di religioni orientali presenti
sia nella biblioteca della Fondazione Piccolo
di Calanovella a Capo d'Orlando che nella
biblioteca del figlio del poeta a Ficarra.
Ne citiamo alcuni. Nella Biblioteca di Capo
d'Orlando, editi dai Fratelli Bocca di Milano:
Sédir Storia e dottrine dei Rosa-Croce
1949; Alessandra David - Neel, Mistici e maghi
del Tibet, 1949; René Guénon
Considerazioni sulla via iniziatica, 1949;
J. Evola, Lo yoga della potenza, 1949; Swâmi
Vivekânanda, Snâna - Joga - Lo
yoga della sapienza, 1949; B. Abdy Collins,
Death is not the end, E. Dentu, Parigi, 1886;
T. Campanella, Del senso delle cose e della
magia, Laterza, Bari 1925; A. Jounet, La chiave
del Zohar, Laterza, Bari 1936;. H. Oldenberg,
Budda, Corbaccio, Milano 1937; A. David -
Neel Initiations Lamïques, Adiar, Paris
1947; Heileen J. Garret, Vita da medium, Astrolabio,
Roma 1948; J. B. Rhine, I poteri dello spirito,
Astrolabio, Roma 1948; Royaumont La tour saint
Jacquee, Parigi, Sett. - dic. 1956; G. Tucci
Storia della filosofia indiana, Laterza, Bari
1957.
Nella biblioteca del figlio del poeta a Ficarra:
Passavanti, Trattato dei sogni, Istituto Editoriale
Italiano; s.d.; E. De Martino, Naturalismo
e storicismo nell'etnologia, Laterza, Bari
1941; E. De Martino, Il mondo magico, Einaudi,
Torino 1948; E. Temple Bell, La magia dei
numeri, Longanesi, Milano 1949; G. Tucci,
Il libro tibetano dei morti, Bocca, Milano.1949;
M. Eliade, Tecniche dello yoga, Einaudi, Torino
1952;. Apulejo, Della magia, Zanichelli, Firenze1957;
F. de.Quevedo, I sogni, Rizzoli, Milano 1959.
11 Nella biblioteca del figlio
del poeta a Ficarra si possono leggere di
Jung Psicologia dell'inconscio, Astrolabio,
Roma 1947; La realtà dell'anima, Astrolabio,
Roma 1949; Psicologia e alchimia, Astrolabio,
Roma 1950.
12 Di questo interessante
autore inglese, per tanti aspetti così
vicino al mondo poetico e al linguaggio di
Piccolo, abbiamo trovato, nella biblioteca
del figlio a Ficarra, una sola opera: Poesia,
edita da Guanda, Parma 1942, con testo originale
a fronte e traduzione e introduzione di Augusto
Guidi. Dall'introduzione citiamo: «Certa
e consolante è la bellezza della natura,
inesauribile nelle forme e nei colori, ma
non è pura, è colpita dal peccato,
è malata, e per sé non ha senso
né armonia, se la mente dell'uomo non
la ricomponga devotamente dalle sue forme
innumerevoli e dai suoi perenni accordi, in
Dio, riconducendola a Dio, in cui essa converge
da tutto quanto il creato, costruita e conciliata
nelle immediate o remote analogie degli oggetti
di cui è composta in virtù dell'amore
e della fede, sgombra di peccato...».
Anche per Piccolo, la natura "inesauribile
nelle forme e nei colori", è "malata",
corrosa fin nelle sue più intime fibre
dal male e dal dolore; ma è assente
in Piccolo qualsiasi speranza di salvezza
nella fede o nella grazia di Dio: talvolta
uno spiraglio di speranza di salvezza si apre
e si intravede nell'annullamento dell'io,
ma tale "fede" deriva piuttosto
dalle filosofie sapienziali orientali che
dalla tradizione ebraico-cristiana.
13 Per le opere di Yaets
presenti nella biblioteca del figlio del poeta
a Ficarra vedi nota 1 p. 78.
14 Di D.Thomas abbiamo rintracciato
nella biblioteca del figlio del poeta a Ficarra
le seguenti opere: Quite early one morning,
Dent, Londra 1954; Under milk vood, Dent,
Londra 1954; Portrait of the artist, Dent,
Londra 1954; Collected poems, Mifflin, Cambridge
1954; Poesie, Guanda, Parma 1954; Adventures
in the skin trade, Book, Stoccolma.1955; Poet
in the making, Dent, Londra 1967.
15 Nella biblioteca della
Fondazione Piccolo di Capo d'Orlando si trovano
due opere di Husserl: Idee per una fenomenologia
pura, Einaudi, Torino 1950; Meditations Cartèsiennes
J. Vrin, Parigi, 1953.
16 Opere presenti nella biblioteca
della Fondazione Piccolo di Capo d’Orlando:
H. Heidegger Essere e tempo, Frat. Bocca,
Milano 1953; K. Jaspers La mia filosofia,
Einaudi, Torino 1948.
17 Opere di L. Wittgenstein
presenti nella biblioteca del figlio del poeta
a Ficarra: Tractatus logico-philosophicus
Kegan Paul, Londra 1922; Philosophical investigations
Blackwell, Oxford 1953.
18 Già Montale, nella
più volte citata prefazione ai Canti
barocchi e altre liriche , così scriveva
(p. 112): «Sarei tentato di attribuire
a lui il motivo husserliano di cui egli ci
parlava a San Pellegrino: la contraddizione
fra un universo mutevole ma concreto, reale,
ed un io assoluto eppure irreale perché
privo di concretezza»».
19 E.H. Husserl «Idee
per una fenomenologia pura», cit.,
p. 109.
20 Da L'idea di fenomenologia
di E. H. Husserl, in Il concetto di filosofia
nel pensiero contemporaneo, a cura di R. Bortot
e V. Milanesi, D'Anna, Messina - Firenze 1974,
p. 242.
21 E. Husserl, Idee per una
fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica,
Palumbo, Palermo 1966, p. 58.
22 Guida per salire al monte,
«Plumelia, 9 liriche», Scheiwiller,
Milano 1979, p. 15. |
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Dall’acqua, secondo la dottrina eraclitea del divenire,
si genera l’aria. E l’aria, il vento di
scirocco, è, come l’acqua di La meridiana, l’elemento che mette in moto
e sconvolge il reale. Il poeta segue la
sua evoluzione, dal momento in cui nasce
dai monti e dagli orizzonti, e si riversa
e invade la natura con la sua furia distruttrice
, abbattendosi su tutto ciò che incontra
lungo il suo percorso senza alcuna distinzione
tra grandi e piccoli, tra forti e deboli,
mescolando, trasformando, devastando, al
momento in cui, esaurita la sua carica e
il suo impeto, si acquieta e chiude le ali
questo uccello selvaggio del cielo, il Vento-Spirito,
pago di aver celebrato il suo rito solenne
e maestoso di trasformazione e di purificazione
della materia.
|
E sovra i monti, lontano
sugli orizzonti2
è lunga striscia color zafferano3
:
irrompe la torma4 moresca5
dei venti,
d'assalto prende6 le porte
grandi7
gli osservatori sui tetti di smalto8
,
batte alle facciate da mezzogiorno,
agita cortine scarlatte9
, pennoni sanguigni10 ,
aquiloni,
schiarite apre azzurre, cupole, forme
sognate11 ,
i pergolati scuote, le tegole vive12
ove acqua di sorgive posa13
in orci iridati14 ,
polloni15 brucia, di virgulti
fa sterpi16 ,
in tromba cangia androni17,
piomba18 su le crescenze
incerte
dei giardini, ghermisce le foglie
deserte19
e i gelsomini puerili20
- poi vien più mite
batte tamburini, fiocchi, nastri21
...
Ma quando ad occidente chiude l'ale22
d'incendio il selvaggio pontificale23
e l'ultima gora24 rossa
si sfalda
d'ogni lato sale la notte calda in
agguato25. |
NOTE
1
Lo scirocco, questo vento umido di sud-est,
certamente assai familiare al poeta, e del
quale, nella propria dimora di Capo d’Orlando
e nell’annesso giardino, volto da
un lato al mar Tirreno e dall’altro
ai monti Nebrodi, ebbe modo di osservare
la furia e la violenza distruttiva sulla
natura e sugli uomini, è il protagonista
di questa lirica. A sottolineare lo sconvolgimento
di cui esso è artefice intervengono,
nella poesia, i verbi, tutti di movimento:
«irrompe», «prende»,
«batte», «agita»,
«apre», «scuote»,
«brucia», «fa»,
«cangia», «piomba»,
«ghermisce», «vien»,
«chiude», posti, per lo più,
ad inizio di verso.
2 lontano sugli orizzonti:
«lontano» serve a dare maggiore
respiro e vastità allo scenario iniziale
già per se stesso maestoso, e a indicare
il punto di partenza dal quale, tra poco,
farà irruzione il vento. La stessa
funzione è riservata al termine «orizzonti»
(al plurale) e all'aggettivo «lunga»
del secondo verso.
3 zafferano: colore giallo
intenso. La lunga striscia sui monti, all'orizzonte,
col suo caratteristico colore, è
il segno premonitore, l'avvertimento della
tempesta (di vento?) che si prepara ad aggredire
la vita.
4 torma: raggruppamento
di soldati in armi. Non si tratta, perciò,
di un vento isolato, solitario, ma di più
venti, coalizzati per portare maggiore rovina.
5 moresca: composta da
Mori saraceni, dei quali è ben nota,
specialmente in Sicilia, la furia devastatrice.
6 d'assalto prende: figura
derivata dalla precedente («torma»)
che dà ragione del linguaggio militare
(insieme a «irrompe», «in
agguato»). Si tratta, in effetti,
di una vera e propria aggressione nemica
delle cose.
7 le porte grandi: Nota
come il poeta prenda le mosse dagli oggetti
più grandi (che oppongono maggiore
resistenza al vento), per finire sulle più
piccole («polloni», «foglie»,
«gelsomini»), le più
deboli e indifese. Gli oggetti nella poesia
di Piccolo, e in questa lirica in particolare,
sono lì, ignari della loro sorte,
travolti, come gli uomini, nel turbinio
del movimento che travaglia tutto ciò
che esiste, avvolti da un alone di mistero.
8 gli osservatori... di
smalto: luoghi adibiti all'osservazione
scientifica dei fenomeni naturali, in passato
posti sulla sommità delle case (tetti
di smalto: lucidi e brillanti).
9 cortine scarlatte: grandi
tende di colore rosso vivo.
10 pennoni sanguigni: bandiere
rosse. Il rosso - colore forte legato alla
vita, specie delle popolazioni contadine
della Sicilia, e alla violenza - domina
in tutta la lirica («scarlatte»,
«sanguigni», «incendio»,
«rossa»). Evidente è
il suo valore esoterico.
11 forme sognate: viste
in sogno e vagheggiate. Si tratta delle
«forme» che assumono le nuvole
sotto la pressione del vento che sconvolge
anche il cielo.
12 tegole vive: di colore
intenso.
13 ove acqua... posa: l'acqua
pura delle sorgive se ne sta ferma, quieta,
in riposo quasi.
14 orci iridati: grandi
vasi variopinti di terracotta, usati per
conservare l'olio, l'acqua...
15 polloni: germogli.
16 di virgulti fa sterpi:
trasforma gli arbusti in rami secchi.
17 in tromba cangia androni:
il vento, arrotolandosi negli androni delle
case, li rende simili a trombe (per il suono
che emettono).
18 piomba...ghermisce:
come tutti gli altri, questi due verbi sono
carichi di intenso valore espressivo: il
primo (denominale da piombo) indica la caduta
improvvisa, verticale, pesante del vento
sulle crescite, sulle piccole piante dallo
sviluppo ancora incerto; nel secondo c'è
tutta la violenza di chi afferra la preda
(con gli artigli) e non intende mollarla
più. Non avverti nello scirocco una
sorta di piacere, quasi crudele, nel compiere
le sue imprese di sterminio?
19 foglie deserte: lasciate
sole, solitarie.
20 gelsomini puerili: bambini,
piccoli. Come non pensare alla ingiusta
crudeltà della morte quando «ghermisce»
i piccoli, i più deboli, i più
indifesi?
21 poi... nastri: esaurita
la sua furia devastatrice, il vento si fa
più dolce, e si smorzano i suoni
da lui prodotti, si riducono, a poco a poco,
di intensità, passando dai più
forti («tamburini»), ai più
deboli («fiocchi»: vele verticali
di prua), agli impercettibili («nastri»).
Franco Musarra, studiando le unità
lessicali e morfosintattiche di questa poesia,
ha evidenziato «l'abilità
del poeta nell'organizzare le catene dei
suoni in modo da suggerire il rumore del
vento, elemento percepito dai sensi attraverso
l'udito».9
22 Ma quando... l'ale:
lo scirocco, personificato e miticizzato,
ha percorso ormai tutto lo spazio concessogli:
dai monti (a sud), al mare, ad occidente,
dove conclude il suo volo. «Ale d'incendio»:
è il rosso vivo del sole al tramonto,
che brucia, a ponente, la striscia dell'orizzonte
marino.
23 selvaggio pontificale:
immagine potente che sta ad indicare la
solennità, la forza, l'autorità,
quasi la sacralità con cui questo
vento selvaggio ha celebrato la sua cerimonia.
Non è difficile, come metteremo in
risalto in seguito, scorgere nel vento di
scirocco il simbolo del vento-Spirito che
con la sua forza scuote le coscienze, le
piega, le mette in moto, le purifica, le
libera.
24 gora: nuvola.
25 d'ogni lato... in agguato:
la battuta d'arresto («Ma...»)
degli ultimi quattro versi, consolatoria
perché porta la notte (vedi la lirica
seguente), costituisce la stasi, il limite
al flusso inarrestabile del movimento, allo
sconvolgimento delle cose e, in definitiva,
al dolore vivo dell'esistenza e del suo
autunnale incendio (gli ultimi fuochi della
vita) prima dell'evasione nelle ombre della
notte (morte), appostata a tendere insidie
(«in agguato»).
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