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Scirocco
da "Canti barocchi"
 
ALL'INSEGNA DEL PESCE D'ORO di Vanni Scheiwiller - Milano 1999
Stampato il 30 Aprile 1999 per ricordare il trentesimo anniversario
della morte di Lucio Piccolo il 26 Maggio 1969
©1999 Giuseppe Piccolo, Ficarra (ME) - ©1999 Vanni Scheiwiller, Milano
ISBN 88-444-1420-1
 

Pubblicare poesia oggi è indubbiamente un atto di coraggio; farlo nei termini di una antologia poetica per le scuole, dedicata all'opera di un solo poeta e in più, come nel caso di Lucio Piccolo, di non facile approccio, è insieme un atto di coraggio e di fede nella poesia e nei suoi destini futuri, che non possono che essere affidati ai giovani. A compilare l'antologia è stato non a caso un uomo di scuola, il professore Giuseppe Celona, appassionato e «intelligente» cultore dell'opera del grande poeta siciliano. Egli vive a Ficarra ed è preside della Scuola Media di S. Angelo di Brolo; paesi entrambi che si collocano in quella «geografia piccoliana» tra Palermo e Capo d'Orlando, dove, come scrisse Leonardo Sciascia, sono le radici di Piccolo «dell'uomo che è, della sua poesia».
L'antologia, che presenta una ricca e significativa scelta di liriche da tutte (ivi comprese le postume), si avvale di un saggio introduttivo sulla poesia di Piccolo ed è corredata di puntuali presentazioni relative a ciascun libro e di una aggiornata bibliografia. Ogni lirica inoltre è affiancata da una introduzione e da un ampio apparato di note. In esse il curatore con linguaggio chiaro, ma a un tempo elegante e rigoroso, oltre ad appianare qualche difficoltà interpretativa, dovuta alla complessità dei riferimenti culturali, mette in luce i temi fondamentali della poesia di Piccolo - da quello della natura a quello della memoria e dell'infanzia, da quello esoterico a quello esistenziale - e commenta con rara sensibilità le sfumature e le raffinatezze stilistiche, che rendono così preziosa una delle più affascinanti esperienze poetiche del nostro secolo.

Giovanna Musolino

 

L'interesse che suscitò, al suo apparire, la poesia di Lucio Piccolo - presentata nel '54 al Convegno letterario di S. Pellegrino Terme da un "padrino" d'eccezione, Eugenio Montale, che ne fu pure il primo critico e il prefatore della prima  opera1 pubblicata da Mondadori nel 1956 -  contribuì, certo, a far conoscere il suo autore e a porlo con forza e immediatezza inconsuete all'attenzione della cultura e della critica italiana, ma non giovò, in ogni caso, a porre le giuste premesse per una indagine pacata e approfondita della specificità, originalità e sicuro valore dei suoi versi. A ciò si aggiunga che la produzione poetica del barone-poeta di Capo d'Orlando, pervenuto alla notorietà ormai ultracinquantenne, giungeva in un momento storico e in un clima letterario che era il meno propizio ad accogliere con favore una poesia che rompeva con gli schemi del neorealismo e che nulla aveva da spartire con le prime prove della neoavanguardia.

Si trattava, inoltre, di una poesia difficile e oscura. «La difficoltà dei versi di Piccolo, - scrive Natale Tedesco - a differenza di quanto qualcuno crede, non consiste nel linguaggio ostico, nel lessico raro, arcaico, prezioso. La complessità deriva piuttosto dai suoi riferimenti culturali, moltissimi e diversi  tra loro».2 Anche Piccolo era preoccupato per l'oscurità dei suoi versi: «Io la mia poesia la ritengo difficile perché... Lo stesso Montale dice non immediata, non facile, e se non è facile...»,3 ma era altresì  «convinto che ogni simbolo dovesse rimanere "vivente" - incompiuto, indistinto - e mai raggelarsi in uno o più significati precisi».4. Era pure cosciente che la sua era una poesia concreta, oggettiva, ma di «un'oggettività che può trarre in inganno, perché è una oggettività dell'oggetto il quale è lungamente maturato nell'interiorità e quindi è caricata... ha una carica - la parola  precisa è questa - ha una carica di sensi, l'oggetto rimane la sua realtà concreta; ma l'oggetto per forza d'intensità - si può dire anche per forza ritmica - è elevato a simbolo...».5

Tutto è sempre concreto nei versi di Piccolo: «la cotogna/che nel frutteto pencola», «il fieno che respira denso», «le tegole vive», «l'arco della porta bassa e il gradino liso», «un bastimento che prende il largo», «la plumelia bianca/e avorio», «la rosa/bianca che poggia su la ringhiera», «l'ultimo sguardo del sole»; ma gli oggetti (fiumare, rocche, poggi, marine, venti, casolari, frutti, fiori...), i colori (il nero, il rosso, il verde, il bianco...), i suoni («un crepitio», «rombi di mondo», «trillo d'iride», «gorgoglio», «brusio», «sonaglio di stille», «stridio», «parlottare», «una porta che batte», «stuolo afono d'echi», «tocco esangue/d'armonica», «risonanza/marina d'onde o trillo di fontana», «canto d'alga», «riverbero d'una voce», «cigolio [...] d'un carro»), le figure («l'aratore gibbuto», «l'eremita», «la figura annosa»), si caricano di "sensi", di sentimenti, di "corrispondenze" (per dirla con Baudelaire), di allusioni, e, attraverso la vista del poeta che li guarda con profonda pietà per la violenza che subiscono, immersi come sono nell'assurda e incomprensibile spirale del divenire, diventano simboli, espressione del mistero, segni concreti dell'anima maturati nell'interiorità. E non solo gli oggetti, ma anche l'ambiente in cui essi vivono diventa simbolo: «certe volte è un ambiente differente ma che attraverso qualche oggetto speciale richiama un altro ambiente, al solito un simbolo, una realtà che diventa simbolo».6

Se è vero che tutta la poesia di Piccolo è immersa in una fitta rete di simboli (la «forêt de symboles» di Baudelaire), è pur vero, però, che mai il simbolismo piccoliano diventa di maniera o perde di spessore e di significatività: è sempre ben ancorato al reale, è sempre strettamente collegato al suo mondo poetico e alla sua concezione della vita. Anche perché esso non affonda le radici esclusivamente nel simbolismo francese,7 ma è di matrice più largamente europea.8

In tale contesto, efficace e decisiva fu la lezione della poesia pura e dei poeti nuovi italiani, da Gozzano a Rebora, da Campana a Govoni, da Bertacchi a Ungaretti, da Montale a Quasimodo. Piccolo ne assorbì ed elaborò i fermenti, le aspirazioni, il linguaggio, vivendo intensamente e interamente nella "poetica del Novecento", che è «la poetica di un'autentica disperazione esistenziale tra tentazioni d'intensità nuovamente classicistica o nuovamente barocca. E' la poetica di un tempo percosso e perplesso, di un tempo in cui l'uomo si riconobbe nella propria miseria, e non trovò il significato del suo esserci».9

Il simbolismo di Piccolo è, poi, strettamente collegato alle scienze esoteriche e alle religioni orientali (specie tibetane) delle quali era appassionato cultore e conoscitore.10 Diversi e frequenti sono i simboli esoterici che si incontrano nei suoi versi - da quello della rosa, del garofano, del tulipano, della plumelia, della scala, del monte, del vespero, dei numeri, dei colori, del fuoco, dell'acqua, dell'aria, dello specchio, ecc., al mandala del cerchio, della ruota, del centro, - come profondi e intensi furono i legami del Nostro con la psicologia di Carl Gustav Jung.11

Ma la complessità e l'oscurità della poesia di Piccolo deriva, principalmente, dai suoi vastissimi  interessi culturali e dalle sue sterminate conoscenze, che andavano dalla musica alla scienza, dall'arte all'astronomia, dalla matematica alle letterature di tutti i tempi (e, in  particolare, alla letteratura spagnola, francese, inglese e tedesca) e di ogni lingua (compresa l'araba), alla filosofia. Lo stesso Montale ne rimase sorpreso: «Mi trovavo dinanzi al barone Lucio Piccolo di Calanovella, scrittore finora inedito, sì, ma anche musicista completo, studioso di filosofia che può leggere Husserl e Wittgenstein nei testi originali, grecista agguerrito, conoscitore di tutta la poesia europea vecchia e nuova, lettore, per esempio, di Gerard Manley Hopkins12 e di Yeats13, di cui condivide le inclinazioni esoteriche. Mi trovavo, insomma, di fronte a un clerc così dotto e consapevole che veramente l'idea di dovergli essere padrino mi metteva in un insormontabile imbarazzo. Lucio Piccolo ha letto tous les livres nella solitudine delle sue terre di Capo d'Orlando; ma non segue nessuna scuola. Il poeta straniero a cui avevo incidentalmente pensato, Dylan Thomas, era proprio il solo ch'egli non conoscesse ancora. Ora so che Piccolo ha colmato anche questa lacuna».14

Notevole rilevanza ebbe nella formazione di Piccolo la cultura filosofica dei primi decenni del Novecento e, in modo particolare, la lettura di quattro pensatori di grande spessore culturale: Husser (fenomenologismo),15 Heidegger e Jaspers (esistenzialismo),16 e Wittgenstein.17

Da lì deriva, fondamentalmente, la sua visione tragica e disperata del mondo e della vita, del tempo e dello spazio. Anche per Piccolo,18 come per Husserl, esiste un lacerante conflitto fra la realtà, l'oggetto, e l'io, il soggetto. Ma,  per entrambi,  la realtà è concreta, "esistente": «Io trovo la realtà, e la parola stessa lo dice, come esistente e la assumo esistente, così come essa mi si offre... ».19 Il problema, però, consiste, per entrambi, nella impossibilità di conoscere la realtà: «[...] la validità obbiettiva della conoscenza in generale è diventata, quanto al suo senso ed alla sua possibilità, enigmatica e perfino discutibile: la conoscenza  esatta è diventata così enigmatica né più né meno che la conoscenza non esatta, la conoscenza scientifica né più né meno della conoscenza prescientifica».20 Così, di fronte al continuo mutarsi delle forme e alla fuga vertiginosa del reale, vani risultano tutti i tentativi di Piccolo di fermare, e quindi di conoscere, il reale,  che appare frammentato e vortica in schegge impazzite e in figure enigmatiche. Eppure, grazie alla coscienza pura, all'io trascendente, è consentito di pervenire alla conoscenza assoluta: «L'epoché [...] è il metodo radicale e universale per il quale io colgo me stesso come io puro assieme alla mia propria vita di coscienza pura, nella quale e per la quale è per me l'intero mondo oggettivo, nel modo in cui appunto esso è per me».21

In tal modo, il mondo oggettivo di Piccolo, i frammenti, gli spezzoni, le forme mutevoli tra le quali si sperde l'io, si ricompongono, talvolta, e si acquietano nell'Io assoluto. Allora,  finalmente, compiutosi il viaggi della purificazione, possono sprizzare dalla roccia e trovare un varco nella "coscieonza pura" le scintille della conoscenza: «da un'intacca della rupe sprizzò la scintilla:/saio barba cappuccio, il fagotto d'orbace e stoppa/fu tutto ruote di fuoco sbocchi di fumo...».22

Giuseppe Celona


NOTE

1 Precedentemente aveva dato alle stampe, in sessanta esemplari, un «libriccino, intitolato: 9 liriche, stampato da una sola parte del foglio e impresso in caratteri frusti e poco leggibili... i tipi erano quelli dello Stabilimento Progresso - Santa Agata» (dalla Prefazione di Eugenio Montale per Canti barocchi e altre liriche, in Lucio Piccolo, Gioco a nascondere, Canti barocchi e altre liriche, Mondadori, Milano 1960, pp. 105-106).
2 N. Tedesco, Quel Piccolo grande poeta, «Giornale di Sicilia», 8 ottobre 1987.
3 Vanni Ronsisvalle, Il favoloso quotidiano, sceneggiatura e script del film tv su Lucio Piccolo, in «Galleria» n. 3/4 , p. 72.
4 B. Reale, Ricordo del poeta, in «Atti del Convegno nazionale su Lucio Piccolo: la figura e l'opera», a cura di N. Tedesco, Pungitopo, Marina di Patti 1990, p. 19.
5 V. Ronsisvalle, Il favoloso quotidiano, cit. p. 72.
6 Ivi, p. 81.
7 A dimostrazione di quanto siano stati precoci e vasti gli interessi culturali del giovane Piccolo, si è, a ragione, indicato nella Palermo degli anni venti un ambiente fervido di «ottimi studi di francesistica» e di «interessi per il mondo letterario francese» e per la poesia simbolista di quel paese (N Tedesco, Introduzione alla figura e all'opera di Lucio Piccolo, «Atti del Convegno...», cit. p. 11). Ciò è provato, tra l'altro, anche dalla presenza, nella biblioteca del figlio di Lucio a Ficarra, di numerosi testi di autori simbolisti francesi. Ne citiamo alcuni: S. Mallarmé, Les dieux antiques, Rothschild, Parigi 1880; G. Kahn, Premiers poËmes,Société du Mercure de France, Parigi 1897; C. Baudelaire Les fleurs du mal, Calmann - Levy, Parigi s.d.; S. Mallarmé PoÈsies, Nouvelle Revue Française, Parigi 1917; C. Baudelaire Le Spleen de Paris, Crès, Parigi 1917; P. Valéry, Almanach Hachette, in tre volumi, Hachette, Parigi 1899 - 1915 - 1918; S. Mallarmé, Vers de circostance Nouvelle Revue Française, Parigi 1920; P. Valéry, Charmes, N.R.F., Parigi 1922; Eupalinos, N.R.F., Parigi 1924; Reconnaissance a Rilke, Frères, Parigi 1926; La Jeune Parque, N.R.F., Parigi 1927; Album de vers anciens, N.R.F., Parigi 1927; Monsieur Teste, N.R.F., Parigi 1929; PoÈsies, N.R.F., Parigi 1930; S. Mallarmé, Un coup de dés, Aux Ides et Calendes, Ginevra 1943; Oeuvres complètes, De la Pleiade, Parigi 1945; C. Baudelaire, Mon coeur mis à nu, David, Parigi s.d.;
Il filone simbolista continuò ad alimentare la formazione culturale di Piccolo anche negli anni trenta quando Lucio, insieme alla famiglia, si trasferì da Palermo nella villa di campagna di Capo d'Orlando. Qui venne a contatto con la poesia simbolista e liberty della provincia messinese (Cardile, Vasari, Jannelli): «[...] un filo, sottile quanto si voglia ma chiaro, lega i nostri simbolisti alla generazione dei Vann'Antò (nella sua tesi di laurea sul verso libero cita Cardile e Saffioti), dei Calabrò, e dei Mancuso e poi a Quasimodo, per toccare infine - è un'ipotesi che può sembrare azzardata ma non è immotivata - Lucio Piccolo. La sola componente orfica, così evidente nella poesia dell'autore dei Canti barocchi (del quale è noto il vivo interesse per le scienze occulte e la parapsicologia), non sarebbe sufficiente a suffragare l'ipotesi se non fosse certo che egli conosceva ed apprezzava l'opera di Toscano» (G. Miligi, Cultura e letteratura del Liberty a Messina, in «Il Liberty a Messina», Assessorato regionale ai beni culturali e ambientali e alla P.I., Messina 1985, p. 27).
8 La produzione poetica compresa tra il 1915 e il 1945, che in Italia venne etichettata, di volta in volta, sotto il nome di poesia decadente, pura, nuova, simbolista, ermetica, ebbe nelle letterature occidentali, caratteri comuni, risalenti generalmente alla comune radice simbolista. A tali fonti letterarie europee attinse, a piene mani, Lucio Piccolo, come dimostrano sia i suoi versi che le opere presenti nella biblioteca di Ficarra. Ne citiamo solo alcune: G. Bertacchi, Poesie predantesche, Sonzogno, Milano 1906; Alle sorgenti, Baldini, Milano 1912; M. Rilke, Das Marien Leben, Im Infel Berlag, Leipzig, 1912; G. Ungaretti, Allegria di naufragi, 1914-1919 Vallecchi, Firenze; E. Pound, "Noh" or accomplishment, Knopf, New York 1917; G. P. Lucini, Scritti scelti, Carabba, Lanciano 1917; M. Rilke, Neue Gedichte, Im Insel Verlag, Leipzig, 1919; Erste Gedichte, Im insel Verlag, Leipzig, 1920; Das Grunden Bud, Im Insel Verlag, Leipzig 1922; Sonette an Orpheus, Im Insel Verlag, Leipzig, 1923; Duineser elegien, Im Insel Verlag, Leipzig, 1923; E. Pound, Personae, Boni, New York 1926; G. Ungaretti, Sentimento del tempo, Vallecchi, Firenze 1933; T. S. Eliot, Selected essays, Faber § Faber, Londra 1935; J. Joyce, Ulysses, Bodley Head, Londra.1937; T. S. Eliot, Old possum's book of practical cats, Faber § Faber, Londra 1939; R. Alberti, Poesìa, Losada, Buenos Aires 1946; T. S. Eliot, The family reunion, Faber § Faber, Londra 1939; The achievement of T.S.Eliot, Oxford University New York1947; S. Quasimodo, Giorno dopo giorno, A. Mondadori, Milano 1949; T. S. Eliot, Murder in the Cathedral, Books, Stoccolma 1948; R. Alberti, A la pintura, Losada, Buenos Aires 1948; R. JimËnez Animale di fondo, Sansoni, Firenze 1954; M. Rilke, I sonetti a Orfeo, Cederna, Milano 1948; Poesie francesi, Cederna, Milano 1948; S. Quasimodo, La vita non è sogno, A. Mondadori, Milano 1949; F. G. Lorca, Poesie, Guanda, Parma 1949; Canti gitani e andalusi, Guanda, Parma 1951; D. Campana, Canti Orfici, Vallecchi, Firenze 1952; T. S. Eliot, Poesie, Guanda, Parma s.d.; R. Alberti, Retornos de lo vivo lejano, Losada, Buenos Aires 1952; Ora maritima, Losada, Buenos Aires 1953; E. Pound, Canti Pisani, Guanda, Parma 1953; The cantos, Faber § Faber, Londra 1954; T. S. Eliot, Collected poems 1909 - 1935, Faber § Faber, Londra 1954; G.Lorca, Obras completas, Aguilar, Madrid 1955; S. Quasimodo, Il falso e vero verde, A. Mondadori, Milano 1956; E. Montale, La bufera, Neri Pozza, Venezia 1956; M. Rilke, Poesie, Einaudi, Torino 1955; E. Pound, The poetry, Faber § Faber, Londra s.d.; T. S. Eliot, Four Quartets, Faber § Faber, Londra 1944; J. Guillén, La fuente versione di Mario Luzi, Pesce d'oro, Milano 1961; E. Montale, T. S. Eliot, Pesce d'oro, Milano 1963; J Guillén, Suite italienne, Pesce d'Oro, 1964; T. S. Eliot, Ezra Pound, metrica e poesia, Pesce d'oro, Milano 1967; Poesie giovanili, Pesce d'oro, Milano 1967; P. Lucini, Parade, Pesce d'oro, Milano 1967; V. Scheiwiller, Poeti simbolisti in Italia, Pesce d'oro, Milano 1967.
9 L. Anceschi, «Cultura poetica novecentesca», in Novecento, I contemporanei, Marzorati, Milano 1979, p. 3083.
10 Numerosi sono i testi di esoterismo e di religioni orientali presenti sia nella biblioteca della Fondazione Piccolo di Calanovella a Capo d'Orlando che nella biblioteca del figlio del poeta a Ficarra. Ne citiamo alcuni. Nella Biblioteca di Capo d'Orlando, editi dai Fratelli Bocca di Milano: Sédir Storia e dottrine dei Rosa-Croce 1949; Alessandra David - Neel, Mistici e maghi del Tibet, 1949; René Guénon Considerazioni sulla via iniziatica, 1949; J. Evola, Lo yoga della potenza, 1949; Swâmi Vivekânanda, Snâna - Joga - Lo yoga della sapienza, 1949; B. Abdy Collins, Death is not the end, E. Dentu, Parigi, 1886; T. Campanella, Del senso delle cose e della magia, Laterza, Bari 1925; A. Jounet, La chiave del Zohar, Laterza, Bari 1936;. H. Oldenberg, Budda, Corbaccio, Milano 1937; A. David - Neel Initiations Lamïques, Adiar, Paris 1947; Heileen J. Garret, Vita da medium, Astrolabio, Roma 1948; J. B. Rhine, I poteri dello spirito, Astrolabio, Roma 1948; Royaumont La tour saint Jacquee, Parigi, Sett. - dic. 1956; G. Tucci Storia della filosofia indiana, Laterza, Bari 1957.
Nella biblioteca del figlio del poeta a Ficarra: Passavanti, Trattato dei sogni, Istituto Editoriale Italiano; s.d.; E. De Martino, Naturalismo e storicismo nell'etnologia, Laterza, Bari 1941; E. De Martino, Il mondo magico, Einaudi, Torino 1948; E. Temple Bell, La magia dei numeri, Longanesi, Milano 1949; G. Tucci, Il libro tibetano dei morti, Bocca, Milano.1949; M. Eliade, Tecniche dello yoga, Einaudi, Torino 1952;. Apulejo, Della magia, Zanichelli, Firenze1957; F. de.Quevedo, I sogni, Rizzoli, Milano 1959.
11 Nella biblioteca del figlio del poeta a Ficarra si possono leggere di Jung Psicologia dell'inconscio, Astrolabio, Roma 1947; La realtà dell'anima, Astrolabio, Roma 1949; Psicologia e alchimia, Astrolabio, Roma 1950.
12 Di questo interessante autore inglese, per tanti aspetti così vicino al mondo poetico e al linguaggio di Piccolo, abbiamo trovato, nella biblioteca del figlio a Ficarra, una sola opera: Poesia, edita da Guanda, Parma 1942, con testo originale a fronte e traduzione e introduzione di Augusto Guidi. Dall'introduzione citiamo: «Certa e consolante è la bellezza della natura, inesauribile nelle forme e nei colori, ma non è pura, è colpita dal peccato, è malata, e per sé non ha senso né armonia, se la mente dell'uomo non la ricomponga devotamente dalle sue forme innumerevoli e dai suoi perenni accordi, in Dio, riconducendola a Dio, in cui essa converge da tutto quanto il creato, costruita e conciliata nelle immediate o remote analogie degli oggetti di cui è composta in virtù dell'amore e della fede, sgombra di peccato...». Anche per Piccolo, la natura "inesauribile nelle forme e nei colori", è "malata", corrosa fin nelle sue più intime fibre dal male e dal dolore; ma è assente in Piccolo qualsiasi speranza di salvezza nella fede o nella grazia di Dio: talvolta uno spiraglio di speranza di salvezza si apre e si intravede nell'annullamento dell'io, ma tale "fede" deriva piuttosto dalle filosofie sapienziali orientali che dalla tradizione ebraico-cristiana.
13 Per le opere di Yaets presenti nella biblioteca del figlio del poeta a Ficarra vedi nota 1 p. 78.
14 Di D.Thomas abbiamo rintracciato nella biblioteca del figlio del poeta a Ficarra le seguenti opere: Quite early one morning, Dent, Londra 1954; Under milk vood, Dent, Londra 1954; Portrait of the artist, Dent, Londra 1954; Collected poems, Mifflin, Cambridge 1954; Poesie, Guanda, Parma 1954; Adventures in the skin trade, Book, Stoccolma.1955; Poet in the making, Dent, Londra 1967.
15 Nella biblioteca della Fondazione Piccolo di Capo d'Orlando si trovano due opere di Husserl: Idee per una fenomenologia pura, Einaudi, Torino 1950; Meditations Cartèsiennes J. Vrin, Parigi, 1953.
16 Opere presenti nella biblioteca della Fondazione Piccolo di Capo d’Orlando: H. Heidegger Essere e tempo, Frat. Bocca, Milano 1953; K. Jaspers La mia filosofia, Einaudi, Torino 1948.
17 Opere di L. Wittgenstein presenti nella biblioteca del figlio del poeta a Ficarra: Tractatus logico-philosophicus Kegan Paul, Londra 1922; Philosophical investigations Blackwell, Oxford 1953.
18 Già Montale, nella più volte citata prefazione ai Canti barocchi e altre liriche , così scriveva (p. 112): «Sarei tentato di attribuire a lui il motivo husserliano di cui egli ci parlava a San Pellegrino: la contraddizione fra un universo mutevole ma concreto, reale, ed un io assoluto eppure irreale perché privo di concretezza»».
19 E.H. Husserl «Idee per una fenomenologia pura», cit., p. 109.
20 Da L'idea di fenomenologia di E. H. Husserl, in Il concetto di filosofia nel pensiero contemporaneo, a cura di R. Bortot e V. Milanesi, D'Anna, Messina - Firenze 1974, p. 242.
21 E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica, Palumbo, Palermo 1966, p. 58.
22 Guida per salire al monte, «Plumelia, 9 liriche», Scheiwiller, Milano 1979, p. 15.

 

Dall’acqua, secondo la dottrina eraclitea del divenire, si genera l’aria. E l’aria, il vento di scirocco, è, come l’acqua di La meridiana, l’elemento che mette in moto e sconvolge il reale. Il poeta segue la sua evoluzione, dal momento in cui nasce dai monti e dagli orizzonti, e si riversa e invade la natura con la sua furia distruttrice , abbattendosi su tutto ciò che incontra lungo il suo percorso senza alcuna distinzione tra grandi e piccoli, tra forti e deboli, mescolando, trasformando, devastando, al momento in cui, esaurita la sua carica e il suo impeto, si acquieta e chiude le ali questo uccello selvaggio del cielo, il Vento-Spirito, pago di aver celebrato il suo rito solenne e maestoso di trasformazione e di purificazione della materia.

 

E sovra i monti, lontano sugli orizzonti2
è lunga striscia color zafferano3 :
irrompe la torma4 moresca5 dei venti,
d'assalto prende6 le porte grandi7
gli osservatori sui tetti di smalto8 ,
batte alle facciate da mezzogiorno,
agita cortine scarlatte9 , pennoni sanguigni10 , aquiloni,
schiarite apre azzurre, cupole, forme sognate11 ,
i pergolati scuote, le tegole vive12
ove acqua di sorgive posa13 in orci iridati14 ,
polloni15 brucia, di virgulti fa sterpi16 ,
in tromba cangia androni17,
piomba18 su le crescenze incerte
dei giardini, ghermisce le foglie deserte19
e i gelsomini puerili20 - poi vien più mite
batte tamburini, fiocchi, nastri21 ...

Ma quando ad occidente chiude l'ale22
d'incendio il selvaggio pontificale23
e l'ultima gora24 rossa si sfalda
d'ogni lato sale la notte calda in agguato25.

 


NOTE

1 Lo scirocco, questo vento umido di sud-est, certamente assai familiare al poeta, e del quale, nella propria dimora di Capo d’Orlando e nell’annesso giardino, volto da un lato al mar Tirreno e dall’altro ai monti Nebrodi, ebbe modo di osservare la furia e la violenza distruttiva sulla natura e sugli uomini, è il protagonista di questa lirica. A sottolineare lo sconvolgimento di cui esso è artefice intervengono, nella poesia, i verbi, tutti di movimento: «irrompe», «prende», «batte», «agita», «apre», «scuote», «brucia», «fa», «cangia», «piomba», «ghermisce», «vien», «chiude», posti, per lo più, ad inizio di verso.
2 lontano sugli orizzonti: «lontano» serve a dare maggiore respiro e vastità allo scenario iniziale già per se stesso maestoso, e a indicare il punto di partenza dal quale, tra poco, farà irruzione il vento. La stessa funzione è riservata al termine «orizzonti» (al plurale) e all'aggettivo «lunga» del secondo verso.
3 zafferano: colore giallo intenso. La lunga striscia sui monti, all'orizzonte, col suo caratteristico colore, è il segno premonitore, l'avvertimento della tempesta (di vento?) che si prepara ad aggredire la vita.
4 torma: raggruppamento di soldati in armi. Non si tratta, perciò, di un vento isolato, solitario, ma di più venti, coalizzati per portare maggiore rovina.
5 moresca: composta da Mori saraceni, dei quali è ben nota, specialmente in Sicilia, la furia devastatrice.
6 d'assalto prende: figura derivata dalla precedente («torma») che dà ragione del linguaggio militare (insieme a «irrompe», «in agguato»). Si tratta, in effetti, di una vera e propria aggressione nemica delle cose.
7 le porte grandi: Nota come il poeta prenda le mosse dagli oggetti più grandi (che oppongono maggiore resistenza al vento), per finire sulle più piccole («polloni», «foglie», «gelsomini»), le più deboli e indifese. Gli oggetti nella poesia di Piccolo, e in questa lirica in particolare, sono lì, ignari della loro sorte, travolti, come gli uomini, nel turbinio del movimento che travaglia tutto ciò che esiste, avvolti da un alone di mistero.
8 gli osservatori... di smalto: luoghi adibiti all'osservazione scientifica dei fenomeni naturali, in passato posti sulla sommità delle case (tetti di smalto: lucidi e brillanti).
9 cortine scarlatte: grandi tende di colore rosso vivo.
10 pennoni sanguigni: bandiere rosse. Il rosso - colore forte legato alla vita, specie delle popolazioni contadine della Sicilia, e alla violenza - domina in tutta la lirica («scarlatte», «sanguigni», «incendio», «rossa»). Evidente è il suo valore esoterico.
11 forme sognate: viste in sogno e vagheggiate. Si tratta delle «forme» che assumono le nuvole sotto la pressione del vento che sconvolge anche il cielo.
12 tegole vive: di colore intenso.
13 ove acqua... posa: l'acqua pura delle sorgive se ne sta ferma, quieta, in riposo quasi.
14 orci iridati: grandi vasi variopinti di terracotta, usati per conservare l'olio, l'acqua...
15 polloni: germogli.
16 di virgulti fa sterpi: trasforma gli arbusti in rami secchi.
17 in tromba cangia androni: il vento, arrotolandosi negli androni delle case, li rende simili a trombe (per il suono che emettono).
18 piomba...ghermisce: come tutti gli altri, questi due verbi sono carichi di intenso valore espressivo: il primo (denominale da piombo) indica la caduta improvvisa, verticale, pesante del vento sulle crescite, sulle piccole piante dallo sviluppo ancora incerto; nel secondo c'è tutta la violenza di chi afferra la preda (con gli artigli) e non intende mollarla più. Non avverti nello scirocco una sorta di piacere, quasi crudele, nel compiere le sue imprese di sterminio?
19 foglie deserte: lasciate sole, solitarie.
20 gelsomini puerili: bambini, piccoli. Come non pensare alla ingiusta crudeltà della morte quando «ghermisce» i piccoli, i più deboli, i più indifesi?
21 poi... nastri: esaurita la sua furia devastatrice, il vento si fa più dolce, e si smorzano i suoni da lui prodotti, si riducono, a poco a poco, di intensità, passando dai più forti («tamburini»), ai più deboli («fiocchi»: vele verticali di prua), agli impercettibili («nastri»). Franco Musarra, studiando le unità lessicali e morfosintattiche di questa poesia, ha evidenziato «l'abilità del poeta nell'organizzare le catene dei suoni in modo da suggerire il rumore del vento, elemento percepito dai sensi attraverso l'udito».9
22 Ma quando... l'ale: lo scirocco, personificato e miticizzato, ha percorso ormai tutto lo spazio concessogli: dai monti (a sud), al mare, ad occidente, dove conclude il suo volo. «Ale d'incendio»: è il rosso vivo del sole al tramonto, che brucia, a ponente, la striscia dell'orizzonte marino.
23 selvaggio pontificale: immagine potente che sta ad indicare la solennità, la forza, l'autorità, quasi la sacralità con cui questo vento selvaggio ha celebrato la sua cerimonia. Non è difficile, come metteremo in risalto in seguito, scorgere nel vento di scirocco il simbolo del vento-Spirito che con la sua forza scuote le coscienze, le piega, le mette in moto, le purifica, le libera.
24 gora: nuvola.
25 d'ogni lato... in agguato: la battuta d'arresto («Ma...») degli ultimi quattro versi, consolatoria perché porta la notte (vedi la lirica seguente), costituisce la stasi, il limite al flusso inarrestabile del movimento, allo sconvolgimento delle cose e, in definitiva, al dolore vivo dell'esistenza e del suo autunnale incendio (gli ultimi fuochi della vita) prima dell'evasione nelle ombre della notte (morte), appostata a tendere insidie («in agguato»).

   
 
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