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Prefazione al volume di Melo Freni
1. Cerbiatto della grotta del Genovese
2. Viandanti delle nuvole
Stampato nel 1989 da Pungitopo Editrice - Marina di Patti (ME)
 

« Il regno del cerbiatto » sono i Nebrodi; e nebros, appunto, vuol dire in greco cerbiatto. Dai primi abitatori di queste montagne siciliane, pittoresche e gentili, tagliate dalle Eolie da un gran nastro di mare, sfuggì, a suo tempo, una voce. Era voce di poeta che adesso ci si svela con un bel gruzzolo di versi che con partecipazione leggiamo e volentieri proponiamo. Per una duplice ragione: i Nebrodi sono anche per noi i luoghi dell'anima; dal punto di vista strettamente letterario, le poesie che in questa raccolta li cantano non sembrano per nulla frutto di occasionale mania.

Giuseppe Celona, l'autore, dagli antichi abitatori delle sue montagne, e più in antico dai loro padri, venuti dalla Grecia, ha assimilato la forza: forza di sangue e forza di terra, in una parola forza di natura; dall'amore che essi si portavano dentro, ha assimilato la vocazione del canto. Risvegliandosi, adesso, di quella forza e di quel canto ha fatto il frutto della sua passione, che sono, appunto, i Nebrodi.

Stile scarno, essenziale, tagliente. Ricerca della parola in sintonia con le parole dei luoghi, dove scirocco, querce, tizzone, terremoto, malaria, fiumara, hanno il senso di una metafora assai rara.

Come raro è «il vento che s'adagia e gridio / non s'ode d'anime contorte / a questa folla d'ombre / che mesta dalla valle vien su per la trazzera », nonostante il richiamo che ci porta -qui- a un certo gusto barocco di piccoliniana impronta (e sono i luoghi, infatti, e l'aria degli arcani che Lucio Piccolo lungo queste pendici avvertì).

Ma il sopravvento decisivo è quello di una memoria rivissuta nella chiave del reale, dove i tempi si addensano in uno stesso spazio e l'immutabilità dello stupore coincide con l'immutabilità del sentimento del poeta.

E' un discorso che a molti, oggi, non piace; ma non ci può essere, in ultima analisi, neppure una 'oggettività' della poesia, se slegata dalla dichiarata emozione dell'intuizione, o della scoperta.

Un miracolo, questo, su cui soltanto la poesia metropolitana, quella così detta non ufficiale ci può far riflettere.

« Il regno del cerbiatto » è un caso; e non a caso, mi pare, va sottolineata, nel breve ma intenso itinerario lungo questa « terra stralunata », la tappa nei cori dei fucilati di Alcara, nei sogni di Lo Sardo, di Alongi, di Pizzuto.

Terra di luna e terra di vento, terra di uomini e terra di civiltà: questi Nebrodi di Celona sembrano racchiudere il segreto di tutta la storia del mondo.

Melo Freni

 

Ti scuoti dal sonno di pietra, aerea
creatura, da cime ventose in rude parete
schiacciata, per sempre trafitta
sulla buia lastra, in attesa
del filo di luce, di un volto, del verbo
risolutore che t'avrebbe di carne coperto
l'anima silvestre, gli occhi di verde
d'antiche sorgive le vene.

Oh, i balconi d'aria
a sporgere il lieve profilo
tra nuvole rosse ingemmato e i riflessi
del lago; e a mezz'aria sorpreso
mentre i pascoli alti scorrevi.

Il tenero cuore tremante
componi nel segno
caldo della pietra, nell'occhio
perfetto del tempo chiudi l'attesa.

E non volgere il capo gentile
all'immane follia.

 

D'agosto, fornace di sole,
si scioglie la valle e vapori
bianchissimi o nuvole, massi di ghiaccio
vanificano le sponde (il tuo sogno, Pizzuto
pareggiare le valli, colmare i fossi, anche
questa terra stralunata pianificare: orribile
sogno per me che non amo l'eguale
ragione dell'ordine). E s'ode
dalla rocca di Naso, da Ficarra conchiglia
del tempo un'eco stridente
di catene - Lo Sardo, Pizzuto viandanti
delle nuvole a mezza strada tornate
ad incontrarvi. V'accora
l'ingiusta ragione del mondo, come allora.
Su nuvola rossa discende Nicola Alongi
col cuore forato dalla vile
lupara prefascista; sprofondano povere
madri in un fascio (solidarnosc?) ai teneri
figli, ai mariti legate (non sai, Lo Sardo, se
da Caltavuturo venuti o dai cantieri navali
di Danzica). E quello che tieni per mano,
Pizzuto, col volto piegato dal duro
silenzio del carcere è Gramsci
o Sakarov? La luce che spazza quel mare
di nuvole abbaglia e stordisce; trasmigrano
isole d'aria. La stessa tristezza
il tempo percorre e offende
le vostre coscienze.

   
 
PROPRIETA' LETTERARIA E ARTISTICA RISERVATA