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Il
regno del cerbiatto » sono i Nebrodi;
e nebros, appunto, vuol dire in greco cerbiatto.
Dai primi abitatori di queste montagne siciliane,
pittoresche e gentili, tagliate dalle Eolie
da un gran nastro di mare, sfuggì,
a suo tempo, una voce. Era voce di poeta
che adesso ci si svela con un bel gruzzolo
di versi che con partecipazione leggiamo
e volentieri proponiamo. Per una duplice
ragione: i Nebrodi sono anche per noi i
luoghi dell'anima; dal punto di vista strettamente
letterario, le poesie che in questa raccolta
li cantano non sembrano per nulla frutto
di occasionale mania.
Giuseppe Celona, l'autore,
dagli antichi abitatori delle sue montagne,
e più in antico dai loro padri, venuti
dalla Grecia, ha assimilato la forza: forza
di sangue e forza di terra, in una parola
forza di natura; dall'amore che essi si
portavano dentro, ha assimilato la vocazione
del canto. Risvegliandosi, adesso, di quella
forza e di quel canto ha fatto il frutto
della sua passione, che sono, appunto, i
Nebrodi.
Stile scarno, essenziale,
tagliente. Ricerca della parola in sintonia
con le parole dei luoghi, dove scirocco,
querce, tizzone, terremoto, malaria, fiumara,
hanno il senso di una metafora assai rara.
Come raro è «il
vento che s'adagia e gridio / non s'ode
d'anime contorte / a questa folla d'ombre
/ che mesta dalla valle vien su per la trazzera
», nonostante il richiamo che ci porta
-qui- a un certo gusto barocco di piccoliniana
impronta (e sono i luoghi, infatti, e l'aria
degli arcani che Lucio Piccolo lungo queste
pendici avvertì).
Ma il sopravvento decisivo
è quello di una memoria rivissuta
nella chiave del reale, dove i tempi si
addensano in uno stesso spazio e l'immutabilità
dello stupore coincide con l'immutabilità
del sentimento del poeta.
E' un discorso che a
molti, oggi, non piace; ma non ci può
essere, in ultima analisi, neppure una 'oggettività'
della poesia, se slegata dalla dichiarata
emozione dell'intuizione, o della scoperta.
Un miracolo, questo,
su cui soltanto la poesia metropolitana,
quella così detta non ufficiale ci
può far riflettere.
« Il regno del
cerbiatto » è un caso; e non
a caso, mi pare, va sottolineata, nel breve
ma intenso itinerario lungo questa «
terra stralunata », la tappa nei cori
dei fucilati di Alcara, nei sogni di Lo
Sardo, di Alongi, di Pizzuto.
Terra di luna e terra
di vento, terra di uomini e terra di civiltà:
questi Nebrodi di Celona sembrano racchiudere
il segreto di tutta la storia del mondo.
Melo
Freni
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